Rinnegarsi per integrarsi: una storia che non cambia mai

Natasha Solomons è un’apprezzata scrittrice inglese, la sua famiglia in passato è stata perseguitata dai nazisti e questa tragedia viene spesso trasposta nelle sue storie. “Un perfetto gentleman”, Neri Pozza, è il primo libro che leggo della Solonons ma mi dicono che “I Goldbaum” è un altro romanzo molto bello e quindi se preferite iniziare da quello per conoscere quest’autrice potete metterlo nella vostra wishlist.

Questo romanzo storico si apre con lo sbarco in Inghilterra della famiglia Rosenblum: Jack, Sadie e la piccola Elizabeth. I tre si sono trasferiti dalla Germania per via delle leggi razziali, sono scappati perché ebrei. Con una valigia di cartone, pochissimi soldi hanno lasciato il resto dei parenti in Germania: a loro non è stato concesso il passaporto e non sanno se li rivedranno mai.

A Jack Rosenblum viene consegnato, appena scesi dalla nave, un opuscolo su come diventare un perfetto inglese, sulle tradizioni ma anche sulle azioni quotidiane da compiere per integrarsi non dare fastidio ed essere accettato nonostante i pregiudizi sui tedeschi e sugli ebrei. Jack si impegna moltissimo e desidera più di ogni altra cosa diventare un vero inglese, un gentleman irriconoscibile rispetto al Jackob nato e cresciuto a Berlino.

Inizia a leggere il Times, obbliga Sadie a parlare l’inglese, prende lezioni e nonostante mille difficoltà cerca di seguire tutti i punti dell’opuscolo e addirittura ne aggiunge. Riesce ad aprire una fabbrica di moquette e ha molto successo. Jack è quasi del tutto soddisfatto solo una cosa non riesce a mandare giù: nessun club golfistico lo accetta. Jack sa benissimo che non lo accettano perché è ebreo e quindi decide di fondarne uno tutto suo: vende la casa a Londra prende la moglie e la porta nel Dorset in un vecchio casolare tutto da rifare con un grande appezzamento di terreno.

Sembra semplice costruire un campo da golf ma Jack incontra mille difficoltà non solo perché ebreo ma anche perché è un tipo puntiglioso vuole fare tutto a mano e Sadie non aiuta, Sadie vuole essere triste per i suoi cari persi, morti chissà dove, vive nei ricordi ma il Dorset, la campagna, le ricorda la sua infanzia e un po’ si addolcisce.

Questa è l’inizio di una storia che mi ha fatto tanto pensare. Jack vuole perdere le sue radici, il suo accento forse anche i suoi ricordi, vorrebbe essere nato inglese non vorrebbe la doppia stigmate di essere ebreo ma anche un “crucco” durante la seconda Guerra Mondiale. Quanto si è pronti a sacrificarsi per essere come qualcun altro? Ma è giusto perdere ogni peculiarità in favore di un’integrazione totale? Cambiare il nome e il cognome in virtù di una pronuncia facilitata dai cittadini che li accolgono.

Sadie non è disposta a cedere ogni tradizione, non è una donna ostile, a lei piacciono gli inglese ed è grata all’Inghilterra per essere stata accolta ma rimane ferma con le sue ricette, quelle della sua Mutti, con le favole ambientate nella foresta nera, nelle imprecazioni in tedesco, nei rituali ebrei. Accetta che Jack si ostini a seguire le regole dell’opuscolo ma non si fa piegare, anzi prova a suo modo di trascinare suo marito a ripensare ad alcune tradizioni e a non barattare proprio ogni cosa in virtù di un’integrazione difficile e dolorosa.

Sappiamo che la Storia si ripete e anche questo tema non sempre portato alla luce, dalle mille sfaccettature, viene toccato dalla Solomons molto delicatamente, non entra nel merito, non fa politica e non dà giudizi lascia al lettore trarre le sue conclusioni e semina molti spunti per una riflessione profonda.

Non sempre i romanzi storici riescono a lasciare qualcosa se non più di una bella storia, in questo caso mi sento di dire che Natasha Solomons è riuscita a riportare una bella storia di amicizia, di Storia ma anche di inserire un valore aggiunto.

 

 

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